Possiamo aiutarti? Alcuni consigli
Se sospetti che un tuo caro soffra di un disturbo del comportamento alimentare e non sai come comportarti, rivolgiti a un servizio che si occupa della cura dei DCA. Anche il tuo medico di medicina generale ti potrà supportare.
È importante lavorare con persone competenti, che diano le corrette indicazioni. Per questo esistono centri con professionisti che lavorano in équipe, capaci di intervenire adeguatamente, perché formate e con esperienza di anni nell’aiuto di ragazzi e ragazze con difficoltà alimentari.
Nel frattempo potrebbero esserti utili alcuni consigli:
Vale la pena di cominciare a parlare, migliorare i modi di entrare in relazione in casa (ascolto, tempi del dialogo, tralasciare le paternali…).
- Non è in discussione la famiglia. Non ci sono buoni o cattivi genitori. Ci sono modi nuovi e nuove relazioni da creare nel gruppo familiare: alleggerite gli altri figli rispetto al tema della cura di chi ha una difficoltà alimentare.
- Evitate di svalutare («non sei capace di affrontare i problemi», «la vita non è questo», «quando ero giovane io, sì che c’erano i veri problemi…», «tu sei una delusione» «sei un fallimento») e colpevolizzare i vostri figli («mi farai morire»): sono già loro in questo contorcersi nei pensieri d’inadeguatezza verso sé e verso di voi.
- Se ci sono altri figli, non polarizzate l’attenzione sulla persona con problemi alimentari. Non rinunciate a tutto (hobby, impegni, amici) perché avete notato questo problema. Date a tutti, però, la certezza che siete sempre a disposizione quando occorre.
- Attribuirsi (o imputare) colpe non aiuta a risolvere la situazione, anzi immobilizza. Non è necessario che voi cuciate addosso a questi ragazzi una “diagnosi”: lasciamola agli esperti. Avete il vostro daffare per trovare qualcuno che aiuti, per capire come potete essere una risorsa per contribuire nella cura del figlio. Da soli non si arriva da nessuna parte.
- Aiutate vostra la famiglia ad uscire dal circolo vizioso della malattia dei bravi ragazzi, che compiacciono in tutto le vostre aspettative e che fanno tutto per non far soffrire.
- È fondamentale che chi soffre di difficoltà alimentari non imponga come mangiare a tutti e – men che meno – cucini per tutti.
- Il pasto – almeno un pasto al giorno – è momento conviviale di tutto il gruppo familiare: se siete abituati a mangiare stando tutti insieme a tavola, invitate tutti a stare a tavola con voi, anche chi ha problemi di nutrizione. Se non lo fa, non perdete l’occasione di ribadire l’invito a sedersi con voi.
- Non entrate nel circolo del litigio legato al cibo; non litigate a tavola e non insistete; evitate di usare l’alimentazione come arma di ricatto (fare o non fare qualcosa per farvi felici o per non farvi soffrire).
- Evitate commenti, consigli, offerte o richiesta di rinuncia verso il cibo.
- Poiché sarà necessario che vostra figlia o vostro figlio tenga un diario alimentare, evitate di chiedere l’elenco di quello che ha mangiato, facendo i calcoli calorici…
- Non investitevi del compito del controllo del peso: c’è il vostro medico di base, c’è un Centro per i disturbi alimentari.
- La famiglia è formata da diversi membri, perciò non fate spese pensando al problema alimentare.
I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratteristici soprattutto dell’adolescenza. Per questo per il nostro Centro è fondamentale sostenere il percorso dei pazienti seguiti coinvolgendo i genitori e i famigliari. L’équipe del CDCA coinvolge nel percorso di cura i famigliari dei pazienti, attraverso interventi differenziati che mirano alla cura e al supporto del gruppo famigliare.
Abbiamo attivato percorsi di psicoterapia familiare (con la psicoterapeuta familiare) e gruppi di supporto per parenti di persone già seguite, ai primi contatti o che non vogliono farsi seguire.
Continuate a “fare gli amici”: proporre momenti di incontro e di uscite insieme, anche quando è chiaro che qualcuno si stia isolando.
- Ricordatevi che siete amici e non terapeuti: siate sereni e non fate “diagnosi express”, rischiando di giudicare o di sfidare la persona che muove la vostra preoccupazione.
- Evitate di fare commenti, battute su difetti fisici o psichici. Il corpo (il peso e l’immagine) di una persona che è in difficoltà dal punto di vista alimentare è un terreno delicato: se fosse possibile sarebbe meglio evitare di consigliare e dare riscontri su peso, esercizio fisico o aspetto fisico. Lo stesso vale per il cibo. Ricordate cibo e corpo (calcoli calorici e attività fisica, disprezzo verso il proprio corpo) sono temi prediletti di chi ha problemi alimentari…
- Quando tra amici vi incontrate e cercate strategie per parlare “del problema” fate in modo di non mettere la persona “nell’uno contro tutti”, in una situazione che la porterebbe a doversi scontrare con un gruppo di persone che gli lanciano “accuse e critiche”. Sortirete l’effetto opposto alle vostre intenzioni – buonissime e nobilissime senza dubbio – ma che si scontrano con la rigidità del vostro interlocutore, che sentendosi messo al muro, chiuderebbe le porte al dialogo.
- Continuate con la vostra sintonia: proseguite le esperienze di relazione interpersonale (coinvolgendo per quanto è possibile, accogliendo proposte…) attraverso normali esperienze sociali. Segnalate la preoccupazione per l’isolamento e gli sbalzi di umore.
- (se è possibile o se ce la sentiamo) Chiedete cosa possiamo fare di più per l’amico/a; (a risposta negativa) dite che – se avesse bisogno di parlare con qualcuno delle preoccupazioni – potrà contare su di voi, quando lo riterrà opportuno.
- Non lasciate che la vostra amica/il vostro amico monopolizzi il tempo e le energie vostri. Le discussioni non porteranno a molto: è importante ribadire con calma il disagio e la preoccupazione per il suo stato di salute; suggerite di cercare un aiuto professionale, che il problema cioè vada valutato da esperti.
- Se volete parlare con un adulto, fate in modo di non farlo all’insaputa della persona che pensiamo abbia un problema di alimentazione (o che ve l’ha comunicato); non è il caso, infatti, di promettere di mantenere segreto ciò che si è osservato, sarete riservati, ma di aiuto.
- Non controllate ciò che la persona mangia e non forzatela a mangiare o, nel caso vomiti, a non mangiare molto.
Ricordatevi ancora: siete e siate amici!
Le prestazioni scolastiche della vostra allieva/del vostro allievo sono di grande soddisfazione, per molti: per i familiari, per gli studenti stessi e per la scuola. Occorre ricordare, però, che siamo in presenza di persone che hanno la caratteristica del perfezionismo, del controllo, con volontà di riconoscimento molto alta, perché – sovente – hanno il riconoscimento sociale come unica via per essere accettati, per sottolineare la scarsa autostima, per accondiscendere gli adulti di riferimento.
L’insegnante ha un osservatorio privilegiato su tutti i soggetti nell’età dello sviluppo, soprattutto sui teen-agers. L’età è sensibile alla formazione della personalità e delle caratteristiche di resistenza alle frustrazioni: compito importante è agire per indirizzare i ragazzi sulla strada della considerazione di sé. il rinforzo e il rimando non svalutante risultano importanti, particolarmente per le personalità fragili: tutto questo bene prezioso non si realizza solo attraverso ottime valutazioni (che talvolta alimentano l’autostima degli adulti e vengono ottenuti a caro prezzo), ma soprattutto attraverso i messaggi di valorizzazione e riconoscimento da parte delle figure significative.
Sappiamo che alcuni docenti hanno conoscenza in materie psicologiche o alimentari; sarebbe – tuttavia – opportuno evitare di dare indicazioni, consigli, supporti su cibo, peso e aspetto fisico.
Importante sarebbe comunicare di avere colto i segni di sofferenza, sottolineando di “avere visto” il disagio.
Come per ogni problema legato ad un’allieva/un allievo, se c’è il sospetto di problemi legati all’alimentazione è importante parlarne in privato, dando ai ragazzi la possibilità di replicare e tenendo in gran conto quanto si comunica, e focalizzare l’attenzione sui problemi che ha individuati, come l’isolamento sociale. Aiutiamo a riflettere sull’opportunità di trovare come farsi aiutare.
Evitare di mettere al centro delle discussioni chi sta male; o, ancora, di farla/lo parlare al gruppo dei compagni della sua situazione. È dannoso costringere chi soffre a discutere della propria condizione davanti alla classe.
Sentirsi giudicati e essere in colpa è una costante nella visione delle relazioni interpersonali.
È importante invece far capire a questi ragazzi di aver colto i segni della sofferenza che i comportamenti inadeguati esprimono.